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Il 25 Aprile a Bussero, tra condivisione e partecipazione per la Festa della Liberazione

Come ogni anno cittadine e cittadini di Bussero, istituzioni, autorità e istituzioni si sono dati appuntamento per celebrare il 25 Aprile, Festa della Liberazione che quest’anno ha coinciso con il 78esimo anniversario dalla liberazione dell’Italia dall’occupazione nazifascista. Un’appuntamento molto sentito e molto partecipato che quest’anno ha visto la partecipazione condivisa dei capigruppo di maggioranza e opposizione fortemente voluta dal Primo Cittadino come segnale di unità nell’affermare i principi e i valori della nostra costituzione.

Di seguito le parole del Sindaco di Bussero alla cerimonia ufficiale di fronte al Monumento ai Caduti.

Carissime e carissimi concittadini,

Prima di qualunque altra parola vi devo una informazione di servizio:caso mai, anche tra i  tra i presenti, qualcuno se ne fosse dimenticato, la XII disposizione finale della nostra costituzione dice :“È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista” (promulgata il 01 gennaio 1948) Legge Scelba (20 giugno 1952).

Art. 1:

si ha riorganizzazione del disciolto partito fascista quando una associazione o un movimento persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista

Nell’art. 2 della medesima si prevede il carcere per chi incorre in questi reati. Il 25 giugno 1993 la legge Mancino ribadisce e rafforza i medesimi concetti.

Credo che il parlamento Italiano, con la sua Costituzione e le sue leggi abbia chiarito bene il concetto, l’Italia è un paese antifascista, nel suo ordinamento, nella sua cultura, nella sua pratica. E’ cosi, fatevene una ragione.

Scusatemi, non era con queste frasi che volevo iniziare il mio primo intervento alla festa del 25 aprile ma purtroppo è necessario.

Tra le tante manifestazioni alle quali il Sindaco di una comunità partecipa proprio in rappresentanza dell’istituzione che “pro tempore” rappresenta, quella del 25 aprile è per me certamente la più sentita.Sono stato cresciuto in un contesto famigliare e culturale nel quale il 25 aprile era una festa, con anche una certa ritualità, che voleva celebrare un avvenimento importante, sentito. Farlo oggi con questa fascia mi emoziona e mi onora.

E quindi innanzitutto auguro a tutti noi BUON 25 aprile. 

Questo è il 78° compleanno, e tanti ancora ne auguro a tutti noi.

Con grandissimo piacere vi rivolgo questo augurio insieme a Milena e Curzio, i due capogruppo che in Consiglio Comunale insieme a me e a tutti i consiglieri rappresentano la nostra comunità. Li ringrazio di aver accettato l’invito ad essere qui, insieme, davanti a voi, per festeggiare il compleanno della nostra libertà.

A testimonianza che, pur nelle differenti e legittime appartenenze, condividiamo a difendiamo i valori fondamentali, direi universali, sui quali si fonda la nostra pacifica convivenza e che sono contenuti in un documento che rimane il faro di ogni nostra azione: “La Costituzione”. Stiamo vivendo una fase storica nella quale alcune pulsioni revisioniste, che pensavamo fossero definitivamente scomparse, tornano ad essere riproposte ed a trovare cittadinanza persino in contesti istituzionali. Sono fatti di cronaca i proclami sui concetti di razza e etnia, che riportano alla mente slogan di chiara matrice. Vengono i brividi solo a sentirli.

Non sono più sufficienti le scuse e i distinguo del giorno dopo o le precisazioni, che spesso sono peggiori dei fatti in se. Ribadire con forza, coerenza e tranquillità i principi democratici e antifascisti che vogliamo rappresentare è quindi importante. L’alleato principale di chi tenta di rimuovere la storia non è un uomo, un partito o un programma politico, ma un atteggiamento subdolo, infido: l’indifferenza.

Odio gli indifferenti diceva nei suoi testi un martire italiano morto a causa delle pene patite nelle carceri del regime fascista, (Antonio Gramsci), e lo stesso concetto è espresso mirabilmente nella celebre poesia (di Brecht o di Niemoller non importa) “e vennero a prendermi”. Bisogna essere consapevoli di questo e perciò dobbiamo essere grati a quanti, con costanza e determinazione, si fanno carico di mantenere vivi e attuali gli insegnamenti che le donne e gli uomini formatisi nella resistenza ci hanno tramandato. Ed è un lavoro importante, nelle scuole, a teatro, con le mostre, nei mille modi in cui la cultura dimostra la sua forza e la sua importanza. Ringrazio quindi ancora una volta L’ANPI per la sua straordinaria attività.

Il manifesto che annuncia questa iniziativa, anche questo pensato e proposto dall’ANPI, riporta una frase, semplice, breve che io credo contenga il senso di tutto:

“25 aprile 1945, dalla parte giusta della storia”. Questa cosa va detta con chiarezza e determinazione. Senza fraintendimenti. 

Perché: se è necessario che un popolo sappia guardare avanti e sia in grado di superare le divisioni del proprio passato, se è possibile che con gli avversari politici di oggi si possano costruire convergenze in futuro; se è probabile che l’evoluzione e le trasformazioni della società impongano riflessioni e aggiornamenti delle proposte politiche; non è ammissibile e tollerabile che si ribaltino i fatti, che si aggiustino le memorie e si confondano le coscienze.

Prendo a prestito una frase che un nostro presidente della Repubblica, forse il più amato, partigiano e fervente democratico ripeteva spesso: “Il fascismo non può essere considerato una fede politica, il fascismo è l’antitesi di tutte le fedi politiche, perché opprime le fedi altrui”.

L’autore è Sandro Pertini.Questo concetto io credo si debba applicare a tutti i totalitarismi che nel passato e nel presente opprimono i popoli, tolgono le libertà, impongono regimi dittatoriali con la forza. Ma quella fotografia nel manifesto ci dice anche altro. Quella foto mostra un popolo orgoglioso, felice, unito, donne e uomini che hanno lottato, e possiamo solo immaginare con quali sacrifici personali, umani, etici, per la propria libertà e per la libertà delle generazioni future.

Donne e uomini orgogliosi, felici, uniti; e armati. Questa parola, armati, ci pone di fronte a un dilemma drammatico, che facciamo fatica ancora oggi a risolvere. 

Noi tutti siamo consapevoli e convinti che le armi non sono la risposta ai conflitti. Che quando ci sono di mezzo le armi a rimetterci sono sempre i più deboli. 

La guerra è quella cosa che alcuni signori che generalmente tra loro si conoscono fanno combattere a persone che tra loro non si conoscono.E alla fine, dopo un gran numero di morti, di solito tra coloro che non si conoscono, quelli che tra loro si conoscono stipulano la fine della guerra. E magari prosperano sulla ricostruzione. In tutte le guerre le vittime sono sempre le stesse; le armi sono diventate più intelligenti, la tecnologia ha permesso di costruire strumenti incredibili, la televisione ci porta i conflitti in casa, in orario di cena, ma nelle città bombardate muoiono soprattutto civili, donne, uomini e bambini che magari non sanno neppure perché gli stanno tirando una bomba, “intelligente”. Dov’è dunque il confine, il criterio, il limite che separa le armi dei partigiani dalle altre?

Io non sono in grado di dare una risposta a queste domanda. La risposta probabilmente non è né semplice né facile.

So solo che questo non può e non deve essere motivo di divisone tra coloro che, anche con difficoltà, continuano a credere che la pace sia l’unica soluzione praticabile. Ancora una volta la risposta la possiamo trovare tra padri fondatori della nostra repubblica: quelle donne e quegli uomini che seppero, prima nel periodo bellico, e poi nella scrittura del testo costituzionale, trovare gli equilibri tra le diverse componenti, che ricercarono i punti di unità anziché i motivi di divisione, per un bene supremo di cui noi ancora oggi godiamo i benefici.

LA DEMOCRAZIA E LA LIBERTA’.

E’ grazie a loro che oggi facciamo festa, perché il popolo, tutti i popoli in realtà chiedono una cosa molto semplice, poter vivere in pace, in un paese dove i diritti sono garantiti a tutti, dove le libertà non sono in discussione. Sappiamo che non è così dappertutto, che ci sono posti del mondo dove è necessario anche il nostro contributo per riportare la pace e la libertà, e perciò con ancora maggiore consapevolezza diciamo grazie a coloro che da 78 ci permettono di goderne. 

Viva il 25 aprile, viva la Resistenza,

GRAZIE A TUTTE E TUTTI, BUON COMPLEANNO LIBERTA’

Massimo Vadori – Sindaco di Bussero

 

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